1.
Una personale e provvisoria "definizione". Comporre è individuare i risultati poeticamente efficaci dell'osservazione attenta e prolungata esercitata sugli oggetti nella loro condizione di "trascurabilità".
La trascurabilità è un difetto o un limite della nostra vista. La composizione-esercizio di osservazione è la possibilità poetica di dare importanza a ciò che non è abitualmente considerato degno di importanza: la condizione di "mancanza" può, poeticamente, essere trasformata in una condizione di "pienezza".
2.
Appartengono alla situazione limite di "trascurabilità":
- il consueto, l'ovvio: gli oggettitrascurati per troppa vicinanza, cioè per quella necessaria familiarità che determina un rapporto inconsapevole e convenzionale con le cose;
- il minimo: gli oggettitrascurabili per troppa lontananza, cioè difficilmente percepibili o disturbanti la "normale" percezione (semplici fenomeni acustici), oppure solo inabitualmente esperibili (accadimenti acustico-musicali).
3.
Perciò vedere ciò che non si dà direttamente a vedere o che sfugge abitualmente alla visione è esercizio continuo di osservazione. E comporre:
- è abbassare la voce per rendere più acuto lo sguardo, invitati-costretti dal "meno" a porgere attenzione e ad attivare la percezione, disponendosi ad un altro ascolto della stessa voce (come se un'altra voce, altre voci parlassero);
- è guardare attraverso e da più puntidi vista per sospendere i confini di ciò che si presenta nella sua apparente univocità e scoprirlo plurimo e continuamente mobile; per vedere ciò che, sebbene a portata di mano, è invisibile, perché non appartenente alla visione "frontale" come le altre cose che, d'abitudine, ci stanno "di fronte".
Comporre è allora osservazione microscopica e anamorfica, sguardo più acuto e divergente, possibilità di dare e contemporaneamente sottrarre un centro.
4.
La forza poetica nasce dalla tensione dell'esercizio di osservazione continua. Sta nella sfida a rendere degno di interesse (capace sorprendentemente di attirare lo sguardo e di fermarlo) ciò che è trascurabile. Sta nella seduzione della non eccezionalità. Sta nella complessità non appariscente , che non si mostra nella moltiplicazione delle strutture esterne, ma che si coglie solo per via indiretta, come calmo o inquieto stupore nel constatare di essere catturati da eventi altrimenti inosservati.
L'effetto poetico sarà tanto più grande quanto più è l'"interminabilità" dello sguardo e la trascurabilità degli oggetti su cui lo sguardo si esercita.
5.
Le mie strategie compositive si affidano soprattutto all'elaborazione formale e all'elaborazione timbrica intese come possibilità di attuare lo sguardo sospensivo e divergente di cui ho detto.
- L'elaborazione formale è un piano di sottolineature che porta ad emergere unità di prima articolazione (gli "oggetti" - trascurati, trascurabili - della composizione) secondo gradualità diverse (secondo, cioè, un criterio di vicinanza-lontananza temporale), e le pone in relazione non in base ad una logica causale (cioè una logica di sviluppo derivata dalle caratteristiche degli oggetti stessi). E' un "porre l'accento" e stabilire così la rete "prosodica" delle relazioni attraverso il principio della ripetizione, per creare un "paesaggio" di oggetti che si indeboliscono uno nell'altro, sospendendo così la propria univocità.
- L'elaborazione timbrica è un sottile lavoro di scavo attorno e dentro ogni oggetto: scavo che li pone in luce dando luce alle loro virtualità interne, rendendo ogni oggetto "poroso", instabile, costellato di pieghe, continuamente mutevole; scavo che fa brillare di intenzioni diverse un solo gesto.
Cerco una costruzione del discorso non per sviluppo ma per trasmutazione. Coordinando elaborazione formale ed elaborazione timbrica la ripetizione cambia di segno. Non il ritorno dell'identico, ma il transito dallo stesso allo stesso: manifestazione inaspettata della diversità in ciò che è ripetitivo e stereotipato, dissolvimento delle identità, permanere di ciò che è in sé differente, riposante trasmutare e trasmutante riposare (Eraclito: "La via all'insù all'ingiù, unica e la stessa". "Cambiando si riposa."). Come se scegliendo una direzione indicata si volessero percorrere con lo sguardo tutte le altre direzioni possibili (cfr. Paul Klee, Labiler Wegweiser ).
6.
Post scriptum (quasi un'altra definizione). Il comporre ha una dimensione conoscitiva che consente l'esperienza del "vedere contro la vista" (E. Jabès **). Abbassare la voce per rendere più acuto lo sguardo è imparare a vedere tacitando le pretese del proprio io (Jabès: "Avvicinati, dice lo straniero. A due passi da me sei ancora troppo lontano. Mi vedi per quello che tu sei e non per quello che io sono." **).
Mettersi nelle condizioni di entrare in rapporto, disporsi ad accogliere ciò che è esterno è possibile solo riconoscendo l'altro nella sua alterità, non assimilandolo a sé.
Farsi nulla, perdere sé stessi, sentirsi il tramite di ciò che è differente ed estraneo, irriducibile alla soggettività, e che non può colmare misticamente il vuoto fatto per accoglierlo. Sentire "enigmatico" che solo consente il cauto, attento e interminabile restare all'ascolto di ciò che accade. Per poter scoprire inaspettate affinità tra le cose apparentemente lontane e inaspettate divergenze tra le cose abitulmente vicine.
Comporre è, allora, un duplice esercizio di sensibilità: saper farsi tramite (sentirsi tramite), saper accogliere; saper vedere - saper portare a vedere corrispondenze e contrapposizioni oblique.
S.G.
8. 3. 92
(inedito)
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* E. Husserl,Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie
** E. Jabès,Un étranger avec, sous le bras, un livre de petit format