Cantata per Pier Paolo Pasolini
(2022)
per otto voci e sedici musicisti, con un video di Paolo Pachini
Testi di Pier Paolo Pasolini
a cura di Roberto Calabretto e Laurent Feneyrou
con una poesia di Biagio Marin
Video di Paolo Pachini
S. MS. A. CT. T I. T II. Bar. B
flauto, oboe, clarinetto, sax, tromba, corno, trombone, tuba, 2 percussionisti, arpa, quintetto d'archi
Durata: 60 minuti Ensemble vocale: Company of Music
Ensemble strumentale: Ensemble Phace
Direzione musicale: Nacho de Paz
Coproduzione PHACE, Wien Modern, Fondazione I Teatri Reggio Emilia, Teatro Verdi Pordenone & Wiener Konzerthaus (Zyklus PHACE)
Introduzione
Composta in occasione del centesimo anniversario della nascita di Pier Paolo Pasolini (5.3.1922 - 2.11.1975) questa video-cantata intende essere un omaggio all’opera del grande artista e intellettuale italiano prima ancora che alla sua figura, alla sua biografia e al ruolo politico-culturale da lui vissuto in prima persona all’interno della società italiana e europea degli anni ‘60 e ’70.
La scena presenta un grande schermo di almeno otto metri di base posto in alto alle spalle di sedici musicisti e otto cantanti divisi in due cori, tutti immersi in una quasi oscurità. L’interazione, strettamente correlata, tra l’esecuzione musicale dal vivo e le immagini in movimento crea un ambiente unico, in cui la percezione dello spettatore si immerge totalmente.
La drammaturgia del lavoro si basa su una selezione di poesie e scritti di PPP, messi in musica interamente e linearmente da Stefano Gervasoni. Una serie di momenti ben connotati, sul piano morfologico e sonoro, si dispiegano a comporre un'anamorfosi della struttura di una grande cantata. Al suo interno figurano degli intermezzi, durante i quali alcune composizioni originali di Josquin Desprez, basate sul tema del lamento, del compianto per la perdita di una persona, della deplorazione, vengono eseguite nella loro interezza primigenia dall'ensemble vocale e allo stesso tempo assorbite nella trama di un tessuto connettivo musicale originale più ampio dall'ensemble strumentale (come a fare intendere: déploration pour la mort de Pier Paolo Pasolini).
A questa struttura musicale si associa e si integra profondamente la drammaturgia del video originale di Paolo Pachini, che unifica l'opera e l’innerva sinergicamente per tutta la sua durata di circa 60 minuti. In omaggio alla visione antropologica di Pasolini, il video presenta immagini poetiche ed esemplari dell’umano e della natura poste in opposizione a flussi mediatici contemporanei esplorati e trasformati a loro volta dall’occhio della cinepresa. Vengono rilette in chiave innovativa la complessità e le sottigliezze metacompositive del rapporto musica immagine.
Dall’ibridazione dei linguaggi emerge un’espressione lacerata, ma anche talvolta conciliatoria, in omaggio alla sguardo crudo di Pasolini, il cui potere educativo mette a nudo le cose e le rende esemplari, tanto più oggi, in un mondo globalizzato, del cui intreccio di modernità e ancestralità il poeta era stato profeta.
Nota d’intenzione di Stefano Gervasoni
Attraverso la musica desidero mettere l’accento sui contenuti e sui valori dell’opera letteraria e cinematografica di PPP, sottolineandone l’acuità, la profondità, l’attualità e in particolare la visionarietà profetica e la capacità d’interpretare, anticipandone poeticamente gli esiti socio-culturali, l’evoluzione antropologica di un mondo sempre più soggetto al dominio della tecnologia, della massmediatizzazione e della semplificazione ideologica del capitalismo e dei movimenti politici che al pensiero globalizzante del capitalismo hanno tentato di creare un’alternativa.
Vorrei in particolare affrontare il nodo concettuale del rapporto tra barbarie e civiltà, al centro della visione pasoliniana. La ricerca di una autenticità il più possibile vicina all’umano, alla terra abitata dagli uomini e dalle specie animali e vegetali, alle sue origini storico e etniche, che inevitabilmente è destinata a cambiare di senso se non a perdersi o a degenerare nel processo di emancipazione sociale, culturale, tecnologica, educativa ma anche alienante e uniformante a cui il mondo industrializzato, svincolato dalle costrizioni autoprotettive del mondo arcaico o rurale, sottopone l’umanità senza distinzioni. Questa tematica segna tutta l'opera di Pasolini, non senza ambiguità, e la sua vita.
Per questo motivo i testi che intendo utilizzare, selezionati tra gli scritti, le opere poetiche, le sceneggiature e le note di Pasolini, appartengono al decennio 1960-70: sono anni in cui Pasolini affronta direttamente quelle tematiche con gli strumenti della riflessione storica e etno-antropologica prima ancora che politica.
Sono anche gli anni in cui in Italia si sviluppa il lavoro etnografico di Ernesto de Martino: uno sguardo profondo alla ricerca della sussistenza delle radici antiche di alcune espressioni artistiche popolari, manifestazioni di un vissuto arcaico tramandato da secoli da far rivivere e preservare, in bilico tra l’artificio del revival e la necessità del survival.
La scelta dell’ensemble vocale per l’esecuzione della mia Cantata si fonda su questa importante motivazione, fondamentale per lo spirito pasoliniano del progetto: l’approccio interpretativo deve essere di tipo antropologico oltre che filologico. Per questo mi indirizzo a gruppi vocali capaci di rivitalizzare l’interpretazione del repertorio rinascimentale e barocco grazie al contributo della ricerca etnomusicologica, così come nella ricerca pasoliniana l’influenza degli studi di Ernesto de Martino sulle forme espressive musicali popolari dell’Italia del sud, e in particolare della pratica del lamentoche unisce archetipicamente la musica colta e la musica popolare, è stata determinante. All’utopia della ricostituzione esatte delle pratiche vocali del passato, preferisco quella (altrettanto indimostrabile) di un métissage geografico, radicato nella storia, di una pratica collettiva diventata comune patrimonio. Un ensemble di vociarmoniosamente strutturato nel quale le individualità specifiche di cantanti professionisti provenienti da zone geografiche e culturali diverse riattivino gli archetipi musicali accomunanti pratiche espressive musicali peculiari legate a funzioni della vita quotidiana o rituali di origine ancestrale, come l’ornamentazione, il melisma, il vibrato, e tipi di emissione vocali non ortodossi che comportano una “forzatura” del meccanismo di produzione laringeo di cui il lamento è un caso esemplare. Tutto ciò non può non far pensare all’interesse di Pasolini alla musica etnica, alle sue scelte musicali spazianti in orizzonti geografici est-europei e extra-europei relativamente a film come Medea e Edipo Re, nonché alle sue scelte attoriali, ricorrendo molto spesso a non professionisti, senza formazione attoriale specifica ma dotati di caratteristiche personali o di un percorso biografico o di studi particolari che interagivano con attrici e attori professionisti in un set civilmente coordinato da Pier Paolo Pasolini.
Partner dell’ensemble vocale sono i musicisti dell’ensemble Phace, raffinati e esigenti interpreti delle partiture del grande universo stilistico contemporaneo, mai come oggi così allargato al mondo intero, e alle storie dei paesi che lo compongono. Una geografia culturale quanto mai estesa e ricca, una storia di ormai un secolo e mezzo di esplorazione della modernità e delle forme di espressione umane in ambito musicale che travalicano i codici consueti e si legano alla storia della musica, dalle sue origini vocali, di cui l’ensemble vocale è portatore, a un futuro ancora da scrivere e da far risuonare, quello normalmente i compositori di oggi affidano agli interpreti specializzati nel repertorio contemporaneo. Un incontro, quello tra l’ensemble vocale e l’ensemble strumentale, che, invece, vuole andare al di là degli schematismi delle attuali modalità di produzione che impongono alla musica dei compositori viventi di stare relegata in uno spazio di sopravvivenza dove un pubblico d'élite e musicisti altamente specializzati celebrano un rituale antiquato e anacronistico in nome dell'Arte (con la A maiuscola per conservare il simulacro di un'arte che appartiene artificialmente alla storia ma è dissociata dalle pratiche realmente umane).
Un incontro che avviene nell'immenso paesaggio sonoro di oggi, nella contemporaneità dell'interpretazione vivificante della musica del passato e nel valore originale dei gesti performativi che il passato ha selezionato e trasmesso per diffondere la voce della musica di oggi. Un paesaggio sonoro da affrontare oggi più con lo spirito dell’antropologo e dell’etnomusicologo che del musicologo e del teorico della musica o dell’arte, alla scoperta dei principi unificatori profondi, e forse, in parte universali, dell’espressione umana.
S.G. 2.2.2021
Nota d’intenzione di Paolo Pachini
Sin dal primo momento in cui l’amico Stefano Gervasoni mi ha invitato a partecipare alla creazione della sua cantata dedicata a Pier Paolo Pasolini, per realizzarne la parte visiva, la mia reazione è stata di totale entusiasmo e nello stesso tempo di seria riflessione, anche per delle implicazioni di carattere strettamente personale. Per cui mi si perdonerà una premessa autobiografica.
Pasolini ha per me sempre rappresentato, sino dalla prima adolescenza, un autore essenziale, una guida la cui opera e pensiero erano da sempre vivi nelle discussioni in famiglia e poi nella cerchia dei maestri e degli amici. Sono nato e cresciuto a Roma e (per quanto ne rimaneva negli anni ’70) gli ambienti, l’umanità frequentati e descritti da Pasolini mi sono noti direttamente; la mia famiglia apparteneva alla media borghesia, ma vivevamo in un quartiere di confine e osmosi tra centro e periferia: da piccolo mio padre mi lasciava giocare per strada (erano altri tempi) ed era ben felice che i miei compagni fossero dei “figli del popolo” (direi dei piccoli “ragazzi di vita”); al liceo invece crescevo in mezzo a degli intellettuali in erba, per molti dei quali Pasolini era un faro. In questo contesto la sua tragica morte venne sentita, e a lungo riverberata dagli uni e dagli altri, come un fatto epocale, che segnava la fine della speranza in un progresso civile ispirato anche da visioni poetiche e di profonda tutela della crescita di classe e individuale. Speranza del tutto illusoria e infantile di fronte all’avvento del consumismo (come P. per primo ben sapeva), ma alimentata dal suo coraggio e dalla sua arte meravigliosa e scomoda.
Di fronte alla nuova opera la domanda è questa: in cosa può consistere oggi una creazione artistica in omaggio a Pasolini, costruita anche di immagini, profondamente legate alla musica?
Pasolini credeva con una certa fiducia nella capacità strettamente tecnica della macchina da presa di catturare la “realtà”; sebbene possa anche apparire ingenua, tale fiducia dava a Pasolini la forza per definire gli elementi di una scrittura filmica di totale efficacia, dove soggetti e ambienti acquistano un valore esemplare. Le immagini di Pasolini sono spesso lontane dalle ricche grammatiche del cinema coevo dominante, compreso il neo-realismo, che mantiene anch’esso talvolta una componente “patinata”. In esse sono invece totalmente assenti elementi puramente decorativi, di “colore” locale o banalmente attrattivi. Ogni elemento ha profondità ed urgenza significativa ed è fortemente individuato e strutturato in un ordine funzionale, risultato di una ben precisa gerarchia di forze. In un certo senso si può affermare che le strutture visive di Pasolini sono regolate da rapporti di potere: vi è sempre un elemento (di svariata natura) che stabilisce un rapporto nettamente dominante con gli altri e determina dialetticamente l’azione, per poi prevalervi o soccombere. Anche le sequenze più poetiche non sono mai vaghe, ma sempre lucide, incise (magari simbolicamente) nella “carne” politica della realtà pure quando si librano leggere nell’aria (cfr. Uccellacci e uccellini; non sfuggono alla regola neppure le famose esplorazioni panoramiche del paesaggio a “mano libera”).
Sono proprio queste caratteristiche strutturali a stabilire la giusta distanza con lo spettatore e a provocare in lui quel vitale pensiero “critico” che l’autore ricercava.
Oggi, alla cruda carica di scrittura “realistica” delle immagini di Pasolini, con la sua valenza “civile” ed educativa, non possiamo non contrapporre il pletorico, pervasivo e barbarico universo delle immagini dal quale siamo contornati. Qui l’edulcorata spazzatura pubblicitaria e dei media (internet in primis) si fonde oramai con una quotidianità individuale oscenamente esposta, e i cattivi infiniti partoriti non solo manipolano i nostri desideri, ma tendono, al limite, a sostituirsi del tutto all’antica “realtà”, che letteralmente non siamo più capaci di osservare. “Da qualche anno il mondo puzza di bello, rifilato come aspirina contro le devastazioni del pianeta” (diceva nel 2014 Enrique Irazoqui, il Gesù de Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini).
In questa totale mistificazione, la vittoria della coazione consumistica ha effetti ben più alienanti persino di quelli che Pasolini prevedeva; anche le immagini mediatiche che conservano uno stile realistico (di denuncia della corruzione del potere o delle tragedie di individui e popoli) lo fanno, salvo rare eccezioni, per avere un migliore effetto consolatorio e auto-assolutorio.
Possono quindi oggi delle immagini trovare ancora uno spazio espressivo autentico, quantomeno individuale e lirico, se non addirittura politico, quantomeno nell’ebbrezza della contemplazione della catastrofe? E che senso ha ancora pensare in termini di espressività?
Con i miei poveri mezzi cerco da sempre rifugio in dei non luoghi, dove le apparizioni possano ancora parlare negli anfratti arcaici e incorrotti della nostra psiche (nella speranza siano ancora raggiungibili); la negazione del contesto oppure la sua trasfigurazione astratta giocano per me un ruolo essenziale nel provocare emozioni. Ed è fondamentale la relazione, la coabitazione con la musica, col suo potere, forse ancora integro, di flusso psicagogico.
Non posso allora tentare di emulare lo sguardo così forte e totale di Pasolini, ma casomai assorbirne a debita distanza alcune qualità per cercare di rendere le mie visioni esemplari. L’omaggio a Pasolini vuol essere dunque un ritrovare relitti di poesia fuori e dentro la tempesta delle immagini contemporanee, fuggendo in un altrove senza luogo, ma anche immergendomi in essa col sentire estraneo di un escluso. Fiducioso che lo sguardo dall’esterno generi visione. Essere in definitiva me stesso e quindi, per dirla con Lui: “non avere alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla e dal non averla voluta; dall'essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non essere fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore (i.e. spettatore) che io considero del resto degno di ogni più scandalosa ricerca”.
P.P. 9.6.2021
Biografie
Stefano Gervasoni è tra i maggiori compositori italiani internazionalmente noti. Professore di composizione al Conservatoire National Supérieur de Musique et de Danse de Paris, ha ricevuto commissioni dalle maggiori istituzioni concertistiche mondiali, in Europa, in America e in Giappone. Nelle sue composizione è fondamentale il rapporto con la voce, declinata in maniera solistica, corale, teatrale e in differenti ambiti strumentali fino all'orchestra. In Italia ha vinto il Premio Della Critica Franco Abbiati (nel 2009), negli Stati Uniti il Serge Koussevitzky Music Foundation Award (nel 2018). Le sue composizioni sono pubblicate da Casa Ricordi e da Suvini Zerboni, e sono state incise per Winter & Winter, Kairos, Aeon, Hathut, Stradivarius.
Paolo Pachiniè attivo come compositore dal 1990 e come videoartista dal 2000.
Come compositore ha realizzato opere strumentali e vocali, anche con live electronics accanto ad opere esclusivamente acusmatiche, eseguite in importanti contesti in Italia e all’estero quali Wien Modern Festival, Festival Archipel di Ginevra, Festival Ars Musica di Bruxelles, Teatro La Fenice di Venezia, Teatro Carlo Felice di Genova, Rai Radiotelevisione italiana, Bologna Festival. E’ stato vincitore nel 1996 del premio CEMAT “Quarant’anni nel duemila”
Come videoartista ha creato complesse opere videomusicali, di sua ideazione, collaborando con importanti compositori tra cui Fausto Romitelli, Raphael Cendo, Martin Matalon, Michael Jarrell, Mauro Lanza e Roberto Doati e produttori quali Biennale di Venezia, Fondation Royaumont, GRAME di Lione, Südwestrundfunk di Stoccarda. Tali opere sono state eseguite in contesti internazionali di rilievo, tra gli altri: Biennale Musica di Venezia, Barbican Centre di Londra, Conservatorio di Mosca, Fine Arts Museum di Taipei, Wiener Konzerthaus, Biennale Musiques en Scène di Lione, Festival MaerzMusik di Berlino, Festival Milano Musica, Accademia di Santa Cecilia di Roma.
Dal 2001 è professore di Composizione Elettroacustica e Composizione Audiovisuale presso la Scuola di Musica e Nuove Tecnologie del Conservatorio Tartini di Trieste.
Dal 2008 al 2018 ha coordinato per conto del Conservatorio Tartini e il Consortium GARR la realizzazione di LoLa, l’unico sistema di videoconferenza a bassa latenza al mondo che permette una reale esecuzione musicale per via telematica tra musicisti collegati in remoto.
Stefano Gervasoni e Paolo Pachini hanno realizzato nel 2020-21 "De Tinieblas” (produzione IRCAM e SWR), un’opera di 50 minuti per coro sinfonico, elettronica e video, ispirata alle "Tres Lecciones de Tinieblas" del poeta spagnolo José Ángel Valente (1929-2000).