Ansioso quasi con gioia è un pezzo scritto dietro sollecitazione di Armand Angster che ne è anche il committente e il coadiuvante validatore della sua (lunga) genesi compositiva. E' un pezzo molto difficile, ma che non intende offrire all'interprete, e a un pubblico compiaciuto, i piaceri di un virtuosismo appariscente.
Il suo principale motivo è la trasformazione polifonica dello strumento - monodico per sua concezione - attraverso tecniche o situazioni strumentali che potremmo qualificare espressivamente antitetiche o capaci di suscitare una percezione emotiva e sonora (o meglio, quando il mistero e la magia del fenomeno musicale sono capaci di crearla, una percezione emotivamente sonora). Il titolo dato alla composizione, collegante attraverso la piega di un "quasi" due situazioni emotive contrastanti, normalmente distanti ma entrambe al limite della possibilità di controllo, suggerisce proprio questo. Attraverso l'esasperazione del ritmo (della sua assenza o della sua fragilità e della sua caparbia precisione quasi meccanica), dei contrasti di registro, di dinamica e di articolazione, di tecniche di produzione del suono che possono conferire uno statuto percettivamente diverso al suono fondamentale o all'armonico, e della veloce alternanza e instabilità di queste configurazioni s'intende creare un effetto di polifonia percettiva ed emotiva, cioè una compresenza di piani espressivi diversi tra il detto e il dicibile (e l'indicibile!) che la musica è capace di far sorgere. Un esempio su tutti: sovente, nel corso del pezzo, vortici di arpeggi tradiscono la loro vera apparenza sonora, essendo invece le note che li costituiscono le fondamentali di armonici uguali o in rapporto d'intervallo costante tra loro (un'estensione, dunque, della tecnica del "bisbigliando" che nel il clarinetto interessa solo gli armonici dispari). Ne consegue una stabilità in perenne divenire (o un'instabilità congelata) tra l'attività febbrile delle fondamentali che si alternano senza sosta - racchiuse nella figura semplice dell'arpeggio - e l'apparizione instabilmente distesa di un suono acuto comune o oscillante che potrebbe emotivamente essere ricondotto alla manifestazione di un sentimento contrario alle cause apparenti della sua produzione e di natura sublime, aperta all'infinito, che io associo alla gioia.
S.G.
31.8.15
Ansioso quasi con gioia is a piece written at the request of Armand Angster who also commissioned the work and participated in its (long) genesis. It is a very difficult piece, but does not intend to offer the performer, and the public, the pleasures of any showy virtuosity.
Its main motive is the polyphonic transformation of the instrument – monodic by nature – through instrumental techniques or situations that we could refer to as expressively antithetic or able to arouse an emotive and sonic perception (or rather, when the mystery and magic of the phenomenon of music are able to create it, an emotively sonic perception). The title I chose for the composition, where a “quasi” links two emotively contrasting situations, normally distant but both at the limit of the possibility of control, means precisely this. Through the exasperation of the rhythm (of its absence or its fragility and obstinate, almost mechanical precision), of the contrasts of register, of dynamics and articulation, of ways of producing the sound that can give a perceptibly different guise to the fundamental sound or the harmonics, and of the rapid alternations and instabilities of these configurations, the intention is to create the effect of a perceptual and emotive polyphony, that is an overlapping of different expressive planes ranging from the said and sayable (and the unsayable!) that music is capable of generating. Just one example of many: often, during the piece, cascades of arpeggios are deceptively different, whereas the notes that form them are actually the fundamentals of the same harmonics or are related to one another by a constant interval (an extension, then, of the technique of “whispering” that in the clarinet involves only the uneven harmonics). The result is a continously evolving stability (or a frozen instability) between the feverish activity of the fundamentals that relentlessly alternate – enclosed in the simple figure of the arpeggio – and the unstably extensive appearance of a common or oscillating high note that could be emotively likened to the manifestation of a sentiment contrary to the cause apparent causes of its production and of a sublime nature, open to the infinite, that I associate with joy.
S.G.
31.8.15