Le caratteristiche della poesia di Franco Fortini (il tono secco e preciso, l’apparente limpidezza logico-realistica, le punte acuminate e i momenti di abbandono,
“una poesia orgogliosa ma ‘in minore’, tanto decisa e perentoria nelle asserzioni e definizioni, quanto insicura della sua essenza e consistenza, fatta per durare e ostentatamente ‘provvisoria’” - Elio Gioanola, in
Poesia Italiana del Novecento, Librex) hanno indirizzato la composizione di questo pezzo verso un’analoga ricerca di chiarezza e di nettezza di segno: riduzione dei mezzi compositivi e parallelo sviluppo del lavoro di derivazione-variazione, precisa definizione formale, contrapposizione tagliente di situazioni diverse, dualismi inconciliabili.
Sezioni di movimento (disegni ripetitivi complementari affidati a due o più strumenti, - come “bicordi pulsanti” -, polifonie di disegni ripetitivi “complementari”, vorticare-vibrare attorno a posizioni fisse) si presentano alternate a situazioni di quiete, sospensione, rarefazione o a congelate, lente scansioni, molto articolate dal punto di vista timbrico. La voce, spoglia di melismi, utilizza quasi sempre emissioni vicine al parlato (
poco timbro, quasi afono, come sussurrando, tornando al canto): affiorare della parola che gli strumenti si incaricano di sonorizzare, colorandola timbricamente e articolandola in disegni, esplicitandone le potenzialità musicali intrinseche. Da qui il titolo
Un recitativo, suggerito inoltre dal riferimento musicale del titolo fortiniano “Otto recitativi” dato al gruppo di poesie che comprende questa che ho messo in musica.
Stefano Gervasoni, 19.7.1988