Di respiri mancanti è un pezzo che ispira i suoi principi costruttivi alla figure retoriche dell'ellissi e della litote: cioè dell'omissione di uno o più elementi all'interno di uno costrutto in modo che questi possano essere sottintesi, o attenuati in maniera tale da dire meno per significare di più, tutto ciò al fine di arricchire la significazione generale di un enunciato. È esattamente il caso di questo pezzo per piccola orchestra dove la sintesi, la trasparenza e la leggerezza domina no, e la mancanza, salvo qualche istante, di momenti di alta densità strumentale o di spessore sonoro, creano un impressione generale di vuoto, di astrattezza e di afasia narrativa, che il titolo intende esprimere in maniera tangibile. A tutti noi è capitato di dovere trattenere il fiato a seguito di uno shock emotivo o di una necessità materiale. Paradossalmente, evitare di respirare di tanto in tanto, ridurre il ciclo normale di inspirazioni-espirazioni in un contesto di aria inquinata potrebbe essere più salutare che respirare secondo un ritmo naturale dell'aria dalla natura fortemente compromessa a seguito dell'inquinamento. Immaginarsi ed esplorare tutto ciò che succede nei frangenti è l'oggetto dei momenti che compongono questo pezzo, e si accompagnano ad altri che costituiscono invece il contorno di momenti in cui nulla sembra succedere, come in un respiro trattenuto e ancor di più prolungato, di cui nulla sembra poter essere detto, perché l'energia non è liberata ma imprigionata. Eppure, attraverso il poco che lo delimita, si può fare intuire la grandezza di un'estensione orizzontalmente (e apparentemente) silenziosa e invece profondamente riempita di significato.
S.G. 20.1.15
Di respiri mancanti is a piece that takes its inspiration from the rhetorical figures of the ellipsis and the litotes: that is, the omission of one or more elements within a construct in order for these to be inferred, or attenuated so that saying less is saying more, all this to enrich the general signification of an enunciation. This is exactly what happens in this piece for small orchestra, in which synthesis, transparency and lightness dominate, and the lack, apart from some instances, of moments of high instrumental density or thickness of sound, creates a general impression of emptiness, of abstraction and of narrative aphasia, which the titles tries to express in a tangible fashion. It has happened to all of us that we needed to hold our breath following an emotional shock or a material necessity. Paradoxically, occasionally avoiding to breath, reducing the normal cycle of inspiration-expiration in a context of polluted air, may be more healthy than breathing with a natural rhythm air that is highly compromised. Imagining and exploring all that happens in these critical moments is the aim of the phases that make up this piece, and they are accompanied by others that instead constitute the side-lines of the moments in which nothing seems to happen, like a held breath and even longer, about which there seems nothing to say, because the energy is not released but imprisoned. And yet, through the little that delimits it, one can deduce the expanse of a horizontal extension that is (apparently) silent but is instead full of deep meaning.
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S.G. 20.1.15