Trasformare la caduta in un volo, questa è l'idea poetica che è alla base della mia composizione "
Un leggero ritorno di cielo" per ventidue archi. Arrestare la caduta in un momento di sospensione e sperare, allora, che al processo di degrado della civiltà e della natura si possa cambiare di segno. Che non sia, cioè, irreversibile, che la caduta sia un processo vitale: ciclo della natura, morte di organismi che permette ad altri organismi di crescere e a loro lascia lo spazio di una nuova vita, in un equilibrio che tocchi ancora le coscienze degli uomini. Che il movimento di gravità, che tutto fa cadere perché il peso si assesti sulla terra per slanciarsi verso il cielo, non sia disfacimento e rovina, corruzione e marcescenza che lasciano lo spazio ingombro di detriti e polluzione, coscienze assopite, libertà in libertà vigilata, solidarietà che sono solo di natura economica, paesaggio in cui la vita degli organismi è compromessa. Che a questo paesaggio di desolazione si possa trovare un salutare rimedio. Intravedere uno spiraglio di cielo limpido, nonostante tutto e dietro la nebbia e l'opacità di questi tempi con cui, ad arte, si nascondono le verità nel nome di un benessere-che-porta-la-felicità (e crea enormi disuguaglianze) e si chiama progresso economico, legge del profitto.
Ventidue archi solisti, quasi sempre divisi in 22 parti reali, eseguono un grosso unisono in perenne movimento, sfrangiato e sfilacciato, unito e decomposto, avanzante per cadute progressive e inesorabili, eppure avanzante senza fine. Due situazioni verticali si sovrappongono o si interpongono senza riuscire ad entrare in dialettica con l'unisono fibrillante e perpetuo. Due corali: uno reale (Bach, "O Ewigkeit, du Donnerwort", Cantata n. 20:
"So lang ein Gott im Himmel lebt, und über alle Wolken schwebt, wird solche Marter währen: Denn wird sich enden diese Pein, wenn Gott nicht mehr wird ewig sein.") che appare in trasparenza - non si capisce se riuscendo a squarciare il fumo dei detriti lasciati dall'avanzamento-caduta o se soffocato da essi -; l'altro fittizio, stilizzazione di quello reale, reso aggressivo, pesante, stridente, che sembra voler arrivare a porre fine alla caduta e capovolgerla ma che ha come unica funzione quella di "porre fine" indiscriminatamente: arriverà così a chiudere in maniera definitiva e drammatica il corale bachiano che sembrava essersi finalmente liberato dalle macerie e aver preso il volo con la sua melodia ascendente.
Il titolo della composizione è tratto da una poesia di Francesca Serragnoli, di cui riporto gli ultimi versi:
Vorrei arrivarti
mentre bevi il tuo tempo
prima con il vento
poi colmando la tua semisete
in un movimento audace
di pioggia e piano
avere nel volto
un leggero ritorno di cielo.
S.G. 13-4-03
Transforming a fall in a flight, this is the poetic idea behind my work
Un leggero ritorno di cielo for twenty-two strings. Stopping the fall in a moment of suspension and hoping that we can invert the process of decline of civilisation and nature. That is to say, that the process is not irreversible, that the fall is a vital process: natural cycle, death of organisms that will allow other organisms to grow and give them the space for a new life in an equilibrium that could once again reach the human conscience. Gravity, which makes everything fall, also enables us to leap towards the sky again, without bringing destruction and ruin, corruption and decay that leave our space full of detritus and pollution, sleeping consciences, controlled freedom, solidarity that only depends on economy, landscapes where the life of the organisms is jeopardised. That we may find a healthy remedy to this desolate landscape. To get a glimpse of a blue sky, despite everything and behind the fog and the darkness of these times where truth is skilfully hidden in the name of welfare-that-brings-happiness (and creates enormous inequality), by the name of economical progress, law of profit.
Twenty-two solo strings, almost always divided in twenty-two real parts, perform a big unison in constant movement, trimmed and worn, united and decomposed, progressing through progressive and unavoidable falls, and still continuing without a halt. Two vertical situations are superimposed or juxtaposed without being able to dialog with the continuous and fervid unison. Two chorales: a real one (Bach, "O Ewigkeit, du Donnerwort", Cantata n. 20:
So lang ein Gott im Himmel lebt, und über alle Wolden schwebt, wird solche Marter währen: Denn wird sich enden diese Pein, wenn Gott nich mehe wird ewig sein), appearing in the background - it is not clear whether it succeeds to come through the smoke of the debris left by the progressive falling or whether it is suffocated by it; the other choral is invented, an arrangement of the real one, making it aggressive, heavy, strident, and seems to attempt to end the fall and turn it around, but has the only function of ending indiscriminately: it will thus succeed to terminate definitely and dramatically the Bach chorale that seemed to have freed itself from the ruins and started flying with its upward moving melody.
The title of the work is taken from a poem by Francesca Serragnoli, of which I quote the last lines:
Vorrei arrivarti
mentre bevi il tuo tempo
prima con il vento
poi colmando la tua semisete
in un movimento audace
di pioggia e piano
avere nel volto
un leggero ritorno di cielo.
(I would like to reach you / while you drink your time / at first with the wind / then quenching your half-thirst / in a brave motion / of rain and slowly / gain in your face / a slight return of a sky.)
S.G. 13-4-03